La crisi creativa: tra Autotune e IA.

Il gusto imbarbarito: quando l'algoritmo definisce la perfezione

Intelligenza artificiale e creatività umana: un paradosso contemporaneo

Tra imperfezione ed emozione: come l’autotune ha reso la musica meno umana

Quando la velocità e l’apparenza prendono il sopravvento sulla creatività

La musica ha sempre seguito il flusso dell’evoluzione, adattandosi alle nuove tecnologie, ai nuovi gusti e, soprattutto, alle esigenze del mercato. Ma se pensiamo a come oggi ci siamo ridotti a usare l’autotune come uno strumento imprescindibile, la domanda sorge spontanea: quanto della nostra creatività è ancora realmente umana? E, soprattutto, a che punto ci siamo accontentati?

L’autotune, nato inizialmente come strumento per correggere le imperfezioni vocali, è diventato uno dei tratti distintivi della musica contemporanea. Che sia per “sistemare” una nota stonata o per creare effetti quasi alieni, l’autotune è ormai parte integrante di un suono che, per molti, rappresenta la perfezione. E noi, da bravi consumatori, siamo i primi ad accoglierlo con entusiasmo.

Tuttavia, c’è un aspetto che spesso dimentichiamo di considerare: l’autotune non solo ha reso perfette” le voci, ma ha anche reso la musica meno “umana”. Una volta, il difetto, il picco di emozione, l’imperfezione nella voce erano ciò che dava un valore in più a un brano. Ora, quello che ci piace ascoltare è un suono levigato, impeccabile, privo di spigoli. E, in qualche modo, ci siamo accontentati di questo. Ma la domanda è: davvero ne siamo soddisfatti? O è semplicemente che, in un mondo in cui la velocità e l’apparenza sono tutto, siamo diventati disposti ad accontentarci di risultati sempre più superficiali e vuoti?

E qui arriva il paradosso più grande. Mentre noi stessi ci pieghiamo a un’estetica fredda e prefabbricata, ci preoccupiamo delle intelligenze artificiali, quelle stesse IA che, senza emozioni e senza cuore, stanno iniziando a creare musica, a doppiarci, a fare persino il nostro lavoro di speaker. Ci lamentiamo che le macchine ci sostituiranno, eppure siamo stati noi a rendere il nostro stesso mestiere sempre più simile a una formula standardizzata e ripetitiva.

Il vero problema, però, non è l’IA, ma il gusto imbarbarito della gente, che ha perso il contatto con la profondità e la complessità della musica autentica. Il pubblico oggi sembra accontentarsi di qualsiasi cosa, purché sia veloce, facilmente digeribile e, soprattutto, “perfetta” secondo gli standard di un algoritmo. Questo gusto superficiale, per non dire appiattito, ha creato il terreno fertile per la proliferazione di un’arte che poco ha a che fare con la vera espressione creativa e molto con il compiacimento dei sensi.

Ed è qui che il cerchio si chiude. L’autotune e l’IA non sono nemici, ma sono, in qualche modo, sintomi di una crisi artistica più grande. Un’arte che, invece di sfidare le regole, si accontenta di ripetere schemi già visti. L’autotune non ha “distrutto” la musica; siamo stati noi, che abbiamo scelto di non cercare più nulla di nuovo, nulla che sfidasse veramente i nostri limiti. E ora, nell’era dell’IA, continuiamo a lamentarci che le macchine ci ruberanno il lavoro, senza renderci conto che siamo stati proprio noi a rendere il nostro stesso lavoro sempre più simile a quello di una macchina.

La conclusione, se vogliamo essere onesti, è piuttosto desolante: siamo tanto preoccupati di essere sostituiti dalle IA, ma in realtà ci stiamo già sostituendo da soli, accontentandoci di risultati creativi sempre più scarni e banali. La macchina non ha rubato la nostra arte, è stata la nostra voglia di sicurezza e perfezione a farci cedere il passo.


Vuoi ascoltare le nostre voci?

Contattaci se non hai trovato quello che cerchi o se vuoi maggiori informazioni!